tradescandia pallida

Quando i figli stanno dall'altra parte, (ancora) Massimo Fini da "Il Conformista"

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_NiKoPoL_
view post Posted on 13/9/2009, 13:59




Nella discussione "Basta con i giovani" è stata introdotta la tematica della colpa dei padri per le azioni dei figli, rimproverando a Massimo Fini, autore dell'articolo di non considerare la responsabilià che i meno giovani hanno verso i giovani. L'accusa è ingiusta e soprattutto non tiene conto del pensiero dell'autore, per questo ho deciso di utilizzare come risposta e introduzine al tema un'altro suo articolo.

Quando i figli stanno dall'altra parte

Quando si è saputo che Marco Donat Cattin era, con tutta probabilità, un esponente di Prima linea (1) e, forse, uno dei killer di Alessandrini, una buona fetta della stampa si è affrettata a dichiarare che nessuna colpa, responsabilità o macchia poteva ricadere, per questo, sul padre di Marco, il vicesegretario democristiano Carlo Donat Cattin. A questo coro si è aggiunto anche un giornalista abituato, di solito, ad andare controcorrente come Giorgio Bocca, il quale ha scritto che "non si può accettare il principio barbaro che un padre è responsabile degli atti di un figlio" e ha accusato chi la pensa diversamente di "stalinismo", "voglia di incanagliamento", "desiderio di smerdamento unicersale".
Una volta tanto non siamo d'accordo con Bocca. che sui figli non possano ricadere le colpe (e però nemmeno i meriti, come invece accade abitualmente) dei padri è fuori di dubbio er lo stesso motivo per cui l'agnello della favola, che beve a valle, non può intorbidire le acque del lupo; ma che i padri non abbiano alcuna responsabilità della condotta dei propri figli è cosa tutta da discutere. Si tratta di vedere di che responsabilità si parla. Se si parla di responsabilità giuridica questa è certamente esclusa visto che il nostro codice penale non la contempla, anche se è bene ricordare che il codice civile prevede, agli effetti del risarcimento del danno, la responsabilità dei genitori per i fatti illeciti compiuti dal figlio minorenne (combinato disposto degli articoli 2043, 2048 c.c. e 185 c.p.p.) e questo vuol dire pur qualcosa. Ma se si parla invece di responsabilità di fatto, cioè di quella responsabilità che non chiamerei neanche politica o morale, come ha fatto Scalfari, ma che deriva dal rapporto fra le concause e gli effetti, ebbene, in questo senso, Carlo Donat Cattin è responsabile, sia pure in parte, della condotta di suo figlio.
Questo è uno strano paese ammalato di giustificazionismo universale quanto contraddittorio. Quando infatti un giovane commette un delitto tutti sono pronti a gridare che la colpa è della società, dell'ambiente, della famiglia, del pdre e della madre, tanto è vero che Marco Caruso, che assassinò suo padre, è stato rimesso in libertà provvisoria grazie a una campagna di opinione pubblica che faceva leva su questi motivi. Ma quando il padre è un Carlo Donat Cattin allora il giustificazionismo gioca solo in senso inverso: il padre non è più responsabile di alcunchè. E invece se vale la prima ipotesi deve valere anche la seconda. Sempre che si voglia, qualche volta, onorare la logica.
Ma il senso della penosa vicenda di Carlo Donat Cattin e di suo figlio si estende a tutta una classe dirigente
(mentre copiavo mi è venuto istintivo da scrivere "digerente"). Se voi notate, i figli della nostra classe dirigente (e non parlo solo di uomini politici) hanno preso di norma, due strade: o hanno seguito pedissequamente le orme dei padri sfruttandone il nome e il potere (La Malfa, Gava, per citare qualche esempio) o si sono gettati all'estrema sinistra, sono diventati i vessiliferi della "rivoluzione". Mai che il figlio di un democristiano, per esempio, si sia messo a militare nel Pci o Psi. Non sia mai detto: un figlio del potere o sta col potere o sta con l'antipotere, non conosce vie di mezzo. E non credo sia casuale.
Viene infatti il sospetto che, nell'Italia di questi ultimi dieci anni, potere e anti-potere, istituzione e anti-istituzione, governo e "rivoluzione" non si siano trovati poi tanto distanti. Non per nulla nel Sessantotto, a sprangare furono proprio i figli della borghesia. Nel Sessantotto si assistette a questo grottesco paradosso: che la borghesia avrebbe dovuto essere spazzata via dalla borghesia. Un "nonsense" che avrebbe mandato in deliquio il vecchio Marx. Ma che fu preso sul serio da molti, anche dal Pci e dal Psi.
Ma c'è di più. Quei padri che formavano e formano a tutt'oggi la classe dirigente vezzeggiarono e coccolarono quei loro marmocchi "rivoluzionari". In fondo faceva fino e faceva anche comodo avere dei figli che stavano "dall'altra parte". Faceva sentire a posto con la coscienza. Eppoi i crani fracassati erano sempre quelli degli altri. Solo quando questa farsa tragica è sfuggita completamente di mano ed è diventata una tragedia vera, che aveva preso a colpire tutti, si è cominciato, da una parte e dall'altra, a tirarsi indietro (la vicenda di Andrea Casalegno e di suo padre è esemplare in proposito). Ma qualcuno, come Marco Donat Cattin, aveva preso ormai una strada senza ritorno. E di questa strada Carlo Donat Cattin porta una parziale responsabilità personale e, insieme a tanti altri, una totale e indivisibile responsabilità politica.

Massimo Fini
"Il Lavoro", <i>Contropiede<i>, 15 maggio 1980


(1) Marco Donat-Cattin, detto Comandante Alberto, (1953 – 1988), è stato un terrorista italiano.
Figlio del noto uomo politico Carlo Donat-Cattin, era un militante dell'organizzazione terroristica di estrema sinistra Prima Linea, dalla quale si è poi dissociato.
Di origini liguri, ma torinese di adozione, Donat-Cattin lavorava quotidianamente come bibliotecario presso il liceo Galileo Ferraris, ma prendeva regolari permessi, durante i quali partecipava ad azioni armate. A partire dal 1976 partecipò alla costituzione di Prima Linea, assumendo subito un ruolo dirigente e operativo di primissimo piano; noto come comandante Alberto, fece parte del cosiddetto Comando nazionale insieme a Bruno LaRonga, Sergio Segio, Susanna Ronconi, Roberto Rosso. Tra i principali responsabili militari dell'organizzazione, prese parte direttamente a numerose azioni di fuoco nel periodo 1976-79.
In una di queste, il 29 gennaio 1979, assassinò a Milano, insieme a Sergio Segio, il magistrato Emilio Alessandrini.


L'articolo è vecchio e fa riferimento a eventi di trent'anni fa ma il suo significato rimane valido. Risponde da se a quello che si diceva sulla responsabilità dei "vecchi" per le azioni dei giovani e più in generale della colpa di chi è venuto prima per ciò che è stato commesso da quelli venuti dopo (con riferimento alle mamme di Hitler e Mussolini che, pur non essendo giovani, erano pur sempre figli).
 
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