tradescandia pallida

Basta con i giovani, da "Il conformista" di Massimo Fini (1990)

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_NiKoPoL_
view post Posted on 11/9/2009, 22:16 by: _NiKoPoL_




Basta con i giovani

"Sono i giovani che rappresentano l'avvenie della nazione", "I giovani sono il nostro baluardo", "I giovani sono la spina dorsale del paese", "Ci rivolgiamo soprattutto ai giovani", "Abbiamo fiducia nei giovani", "I problemi dei giovani", "Cosa pensano i giovani", "I diritti dei giovani", "L'importanza dei giovani".
Non c'è uomo politico, partito, fazione, papa, giornale che, da dieci anni a questa parte, non faccia il panegirico dei giovani.
Queste lodi turibolanti e incessanti tributate ai giovani sono sospette. La retorica sui giovani fu propria del fascismo e dell nazismo. Hitler e Mussolini si servirono dei giovani per arrivare al potere,li usarono come docile massa di manovra. E non c'è da stupirsene: perchè difficilmente i giovani hanno delle idee proprie, è facile che si entusiasmino per quelle altrui. Ma, del resto, tutti i regimi totalitari enfatizzano le virtù dei giovani. Le dittature sono sempre muscolari. E la retorica della "gioventù", anche quando non è "littoria", è intimamente e profondamente fascista. La rivoluzioni, quelle vere, non si sono mai lasciate andare all'enfasi sui giovani, non hanno mai puntato sui giovani. Andatevi a rileggere anche i più infiammati discorsi di Lenin e di TrotzkiJ del '17 e non troverete neanche un accenno ai giovani. Tutti i proclami del "comitato militare rivoluzionario" sono diretti agli operai, ai soldati, ai contadini. Ai giovani, e a quella particolare categoria di giovani istituzionalizzati che sono gli studenti, neanche una strizzatina d'occhio. Alla conferenza dei soviet di quell'anno parteciparono dlegati degli operai, dei contadini, dei soldati, dei militari al fronte, dei sindacati, dei ferrovieri, dei postelgrafonici, degli impiegati, dei medici, degli avvocati e perfino dei giornalisti, di tutti insomma tranne che degli studenti, cioè dei giovani. Con questo non voglio dire che i giovani e gli studenti non parteciparono alla Rivoluzione d'ottobre (anche se la loro parte fu minima). Voglio dire solo che la Rivoluzione non li caricò di retorica. Perchè questa retorica le era estranea. Perchè non ne aveva bisogno. Perchè doveva pensare a cose più serie. Bisogna aspettare lo Stalin degli anni Trenta perchè anche in Unione Sovietica compaia la retorica della "meglio gioventù".
Mai poi perchè mai dovremmo avere fiducia dei giovani? Perchè dovremmo aspettarci da loro qualcosa di particolare? I giovani non sono migliori dei meno giovani, anzi forse sono un tantino peggiori.
I giovani sono conformisti. Basta vedere come vanno vestiti: tutti allo stesso modo. Come si muovono: tutti nella stessa maniera. Cosa pensano: le stesse cose.
I giovani sono arroganti.
I giovani sono supponenti.
Credono sempre che il mondo cominci con loro.
I giovani sono intolleranti. Non conoscono le nouances, le sfumature, il dubbio. Ma, si dice, è proprio questo il loro pregio: sono dei puri. Non si piegano ai compromessi. Ma è molto comodo essere dei puri quando non si devono fare i conti con nulla, col lavoro o con la moglie o con i figli o con la bolletta della luce. Quanto siano puri questi giovani lo si vede quando diventano vecchi. Quando cominciano a lavorare. Ne ho conosciuti tanti di giovani, puri fra i purissimi, compromettersi nel modo più abietto per una "greca" in un giornale, in un'azienda, in una fabbrica, in un istituto universitario. I giovani sono puri per necessità, non per vocazione.
I giovani sono stupidi. O, perlomeno, molto più stupidi dei meno giovani. Non c'è filosofo o scrittore - eccetto Moravia che è diventato giovane da vecchio - che abbia scritto qualcosa di decente e, tantomeno, di profondo da giovane. I giovani infatti pensano poco. Caso mai sentono. Ma la sensibilità va bene, al più, per scrivere poesie - ci sono stati, bisogna ammetterlo, ottimi giovani poeti - o fare da "media" nei fenomeni di Poltergeist, non per essere la "spina dorsale" del paese.
I giovani sono privi di ironia e, soprattutto, d'autoironia. Prova aprenderli in giro, anche solo garbatamente, e te ne accorgerai. Ai giovani non piace esser messi in discussione.
I giovani sono tendenzialmente fascisti. E non solo perchè storicamente, come si è detto, hanno appoggiato i regimi fascisti, ma perchè anche quando sono diventati marxisti i giovani si sono comportati da fascisti. Una buona parte del Sessantotto ne è la dimostrazione, con le sue spranghe, le sue spedizioni punitive, le sue motociclettone-prolungamento-del-pene, il suo leaderismo, i suoi antemarcia, il suo moralismo. E se, una buona volta, si giudicassero le persone e i movimenti per i loro comportamenti e non per quello che dicono, per quello che sono e non per quello che credono di essere, questa constatazione - che molti comportamenti del Sessantotto erano fascisti - dovrebbe essere pacifica. E invece pacifica non è e sento già nelle orecchie gli ululati dei "reduci" e dei loro babbi di sinistra.
I giovani, infine, non esistono. Come categoria. Esistono gli operai giovani, gli impiegati giovani, i contadini giovani, i borghesi giovani, ma non esiste una classe di giovani che abbia caratteristiche di omogeneità che vadano oltre alcuni stereotipi di superficie. E se in questo articolo anche noi abbiamo parlato dei giovani come categoria è per artifizio dialettico cui ci costringe il nostro bersaglio: la retorica sui giovani. In realtà ciò che esiste non sono i giovani ma la retorica su di essi.
Ed è per questa retorica imperante che l'Italia di questi anni è stata percorsa da una ventata di "giovanilismo" quale non si era vista mai. Tutti, oltre che lodare, vezzeggiare, coccolare i "giovani", si sono messi a imitare i giovani, a vestirsi come i giovani, a parlare come i giovani, a far finta di pensare come i giovani. Ma qual è stato il risultato di quest'orgia di retorica sui giovani? Un contrappasso crudele, come accade sempre con tutte le retoriche. Proprio mentre erano portati in palmo di mano, additati ad esempio, indicati come "speranza", i giovani venivano infatti ingannati e fregati. Azzerate la scuola e l'università, uccisa la possibilità di imparare un mestiere, impedita la professionalità, garantita l'occupazione ai già occupati, chiuse a riccio le corporazioni, il "futuro" della nazione è rimasto senza futuro. Gli hanno giocato proprio un bel tiro, ai giovani: li hanno costretti a rimanere eternamente tali. E già se ne cominciano a vedere in giro tanti di questi adulti mancati, ormai di trenta o quarant'anni, che si portano a spasso la loro estrema giovinezza. Ed è una pena. Perchè la cosa migliore e più onesta, anche se modesta, che possono fare i iovani e che possiamo chiedere loro di fare è una sola: invecchiare.

Massimo Fini
"Linus", giugno 1980

Massimo Fini (1944), scrittore e giornalista, vive a Milano. Autore di Il conformista
Nato a Cremeno, sul lago di Como, da padre toscano e madre ebrea russa, dopo aver conseguito la laurea in giurisprudenza a pieni voti ha svolto varie attività, lavorando inizialmente come impiegato alla Pirelli, in seguito come copywriter, pubblicitario e bookmaker. Arriva al giornalismo nel 1970 all'Avanti!, dove segue come cronista i fatti di criminalità politica. Dal 1972 a 1979 è inviato all'Europeo. Nel 1978, in collaborazione con Walter Tobagi e Franco Abruzzo ha fondato la componente sindacale della rivista “Stampa democratica”. Nei primi anni '80 è animatore del mensile di politica e cultura Pagina. Dal 1982 al 1992 è inviato estero ed editorialista al Giorno. Nel 1985 rientra all'Europeo come inviato ed editorialista e vi tiene per 10 anni la principale rubrica del giornale. Attualmente lavora per Il Gazzettino, Il Giorno, La Nazione, Il Resto del Carlino, Giudizio Universale. Ha partecipato alla rifondazione del Borghese ed era editorialista di punta de L'Indipendente dei primi anni '90. Dal mese di Ottobre 2008 Massimo Fini dirige il mensile La voce del ribelle, che vede, tra gli altri, la collaborazione di Marco Travaglio e Giuseppe Carlotti. Il mensile è edito sia in versione cartacea che online.


Leggere gli articoli di questo giornalista, Massimo Fini - a me precedentemente ignoto - è estremamente edificante, benchè alcuni di quelli raccolti ne Il conformista possano apparire un pò datati, contengono comunque delle riflessioni interessanti e stimolanti. Non ho ancora finito di leggere la raccolta, anzi sono appena all'inizio, ma penso di potermi permettere già da ora di consigliare questo libro a chi sia interessato nel giornalismo come ottimo esempio di scrittura e contenuti.

In particolare questo articolo si rivela estremamente attuale dato che quella che a suo tempo si configurava come una moda o tendenza al suo nascere, oggi si è trasformata in vera e propria smania. Mi riferisco in particolare al PD che ha fatto del ricambio generazionale uno dei punti saldi del proprio programma - se così si può chiamare - senza considerare che le nuove generazioni non hanno più speranza delle vecchie di introdurre nuove idee visto che la loro formazione non è certo migliore di quella di chi li ha preceduti e sommano al tutto la propria inesperienza che le rende inadatte a gestire un partito figuriamoci una nazione.

Ora come ora il problema consiste nel pensare a come tirare su una generazione di politici che sia effettivamente in grado di rappresentare una guida per il paese non introdurre ragazzini freschi di laurea nei ruoli chiave della nostra amministrazione.

Edited by _NiKoPoL_ - 13/9/2009, 02:04
 
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